serie
Enti
codice
0000000114
intestazione autorizzata
Prefettura di Napoli, Napoli
contesto: Italia
date: 1861 - sec. XX ultimo quarto
Ufficio territoriale del governo - Prefettura di Napoli, Napoli
contesto: Italia
date: sec. XX ultimo quarto
date di esistenza
1861-
storia
Le radici del sistema prefettizio italiano sono piemontesi. Il prefetto italiano deriva infatti dall'intendente generale istituito nel regno sabaudo con lettere patenti del 25 agosto 1842. Dopo il 1860 la figura del prefetto sostituisce quella dell'intendente.
All'indomani dell'Unità, il Mezzogiorno risultava diviso in sedici province (le quindici della circoscrizione borbonica a cui si era aggiunta Benevento, tolta allo Stato Pontificio), rette, nel periodo luogotenenziale (novembre 1860 - novembre 1861), da governatori coadiuvati da un segretario generale e da un consiglio di governo. Da Napoli partirono le proposte, quasi integralmente accettate dal Ministero torinese, riguardanti i funzionari borbonici da mantenere in servizio o da licenziare e i funzionari da promuovere o di nuova nomina. Il Ministero si riservò la designazione dei prefetti, così denominati dal decreto 9 ottobre 1861 n. 250, ai quali con decreto n. 251 della stessa data, furono delegate nuove attribuzioni fino ad allora esercitate dal Ministero dell'Interno. Nel difficile periodo dell'unificazione amministrativa, ai prefetti fu affidato il compito di sovrintendere agli organi elettivi (province e comuni), all'efficienza della polizia, alla sistemazione del personale subalterno, all'orientamento dello spirito pubblico. Nel 1861 i prefetti sembravano uno dei fattori principali del consolidamento dello Stato. Nel primo decennio post-unitario, rivestirono questa carica ministri, deputati che interrompevano la carriera politica, senatori, uomini ragguardevoli per censo o per nascita. Anche allora, però, molti prefetti vennero dalla carriera amministrativa, perché non erano molti gli uomini di primo piano disposti a impegnarsi in questo tipo di lavoro e ad assumersi pesanti responsabilità. In questi anni i prefetti non si limitarono a svolgere compiti amministrativi, ma diressero politicamente la provincia, favorendo i gruppi moderati ed unitari; cercarono di contribuire all'incontro della vecchia con la nuova classe dirigente e di promuovere una più attiva vita locale con cerimonie, riunioni e feste. La loro attività si esplicò anche nel collocare individui fidati nei posti di responsabilità, stringere rapporti personali con i notabili assicurando al governo il consenso di questi.
Il r.d. del 2 giugno 1889, n. 6105, affidò ai prefetti la sorveglianza su tutti i servizi governativi, provinciali e comunali, proponendo ai rispettivi ministeri quei provvedimenti che reputavano opportuni. Questo decreto stabiliva l'articolazione della prefettura in quattro divisioni, ognuna con compiti specifici, con un ufficio di ragioneria, un ufficio del provveditore agli studi ed uno di pubblica sicurezza. Si sanciva anche la divisione della prefettura divisionale dall'ufficio di gabinetto. A questo erano affidati compiti delicati: affari riservati, personale di prefettura, di sottoprefettura e degli altri uffici governativi, sindaci, associazioni, avvenimenti politici, emigrazione, rapporti con le autorità politiche e militari, stampa ed affari diversi.
Anche in epoca giolittiana i prefetti continuarono ad accrescere le loro competenze e rivestirono il ruolo di mediatori dei conflitti sociali e di organizzatori del consenso.
In epoca fascista si conferirono ulteriori poteri ai prefetti, che divennero strumenti nelle mani del potere centrale per esercitare in periferia un controllo sull'amministrazione comunale (Legge 4 febbraio 1926, n. 237, e legge 3 aprile 1926, n. 660) ed un'azione di coordinamento e di indirizzo politico nella provincia. Nel 1928 con circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri si precisò che tutti i problemi della provincia dovessero essere prospettati al prefetto, cui toccava decidere se e come proporli all'attenzione del governo e si vietò alle autorità locali di recarsi presso gli uffici centrali senza un preventivo benestare, da ottenersi per il tramite del prefetto.
Con il r.d. del 3 aprile 1934, n. 383, si estesero alle amministrazioni locali i poteri straordinari dei prefetti, qualificati come la più alta autorità dello Stato nella provincia, rappresentante del potere esecutivo.
Sotto il fascismo i prefetti svolsero in effetti un ruolo di primo piano nella vita delle rispettive province. Attraverso di loro la dittatura riusciva ad estendere il controllo su ogni aspetto della vita italiana (la stampa, la confisca delle proprietà agli ebrei, la repressione di agitazioni, ecc.).
All'indomani dell'entrata in vigore della costituzione repubblicana, si aprì il dibattito sul decentramento amministrativo e sul regionalismo. La mancata attuazione dell'ordinamento regionale contribuì alla sostanziale conservazione delle attribuzioni del prefetto, solo un po' ridimensionate in relazione all'ordinamento repubblicano e democratico.
Nel corso dei decenni successivi, attraverso acquisizioni o passaggi di competenze fra la prefettura ed altri enti, i prefetti hanno continuato a svolgere il loro ruolo. Alla fine del XX secolo, la prefettura ha assunto la nuova denominazione di Ufficio territoriale del Governo.
condizione giuridica
uffici periferici postunitari
documentazione collegata
Prefettura di Napoli
fonti
Archivio di gabinetto della Sottoprefettura, poi Prefettura di Pistoia (1861 - 1944) Inventario a cura di P. Franzese, Roma, Ministero per i beni culturali, 1998.