serie
Enti
codice
0000000862
intestazione autorizzata
Comune di Napoli. Anagrafe, Napoli
contesto: Italia
date: 1861 -
date di esistenza
1861 -
storia
[In riferimento alla documentazione conservata, l'illustrazione della normativa è limitata ai provvedimenti relativi alla seconda metà del secolo XIX.]
Il 2 gennaio 1861 la Luogotenenza nelle province napoletane estese al territorio continentale dell'ex Regno delle Due Sicilie la legge sarda del 23 ottobre 1859 sull'amministrazione provinciale e comunale in materia di amministrazioni comunali, con alcune modifiche e precisazioni riguardanti l'amministrazione della città di Napoli. In particolare il decreto luogotenenziale stabiliva che il sindaco poteva delegare per ciascuna sezione un assessore, che "vi eserciterà le funzioni prima attribuite all'eletto e conserverà [anche] questo nome". Ogni eletto era coadiuvato da due aggiunti eletti per ciascuna sezione dal Consiglio comunale.
In generale, l'amministrazione comunale disegnata dalla legge del 23 ottobre 1859 era costituita quindi da un Consiglio comunale, una Giunta municipale, un segretario e un ufficio comunale. Capo dell'amministrazione e ufficiale del Governo era il sindaco che, scelto dal re fra i consiglieri comunali, durava in carica tre anni. Il sindaco presiedeva il Consiglio e convocava la Giunta, fra i cui membri distribuiva gli affari e, in qualità di ufficiale del Governo, provvedeva alla pubblicazione delle leggi, curava la tenuta dei registri dello stato civile, rendeva conto all'Intendente (il futuro Prefetto) della concessione di licenze per l'esercizio di alberghi, di trattorie e di caffè e informava le autorità superiori della situazione dell'ordine pubblico. La legge stabiliva poi quali tipi di deliberazioni comunali fossero soggette all'approvazione della Deputazione provinciale, presieduta dal Prefetto della provincia, e quali invece a quella del Re, previo parere del Consiglio di Stato (rientravano in questa seconda categoria quelle riguardanti i regolamenti dei dazi e delle imposte, di ornato e di polizia locale). Il territorio del Regno era diviso in province, circondari, mandamenti e comuni e in ogni provincia erano istituiti un governatore, un vicegovernatore e un consiglio di Governo. Al testo della legge erano unite tabelle dei consiglieri provinciali per le province napoletane ripartiti per circondari o mandamenti (la provincia di Napoli era divisa nei distretti di Napoli, Castellammare, Casoria e Pozzuoli. Del distretto di Napoli facevano parte 17 circondari, fra i quali 12 corrispondevano ai quartieri in cui era da secoli suddivisa la città di Napoli: S. Ferdinando, Chiaia, S. Giuseppe, Montecalvario, Avvocata, Stella, S. Carlo all'arena, Vicaria, S. Lorenzo, Mercato, Pendino, Porto).
La legge 20 marzo 1865, n. 2248, sull'unificazione amministrativa del Regno d'Italia, dedicò all'amministrazione comunale e provinciale l'allegato A (il Regolamento esecutivo fu approvato con regio decreto 8 giugno 1865, n. 2321). La legge confermava l'assetto amministrativo definito dalla precedente e gli organi dell'amministrazione comunale. Stabilite le norme per le elezioni amministrative e i requisiti di elettori e di eleggibili, la legge determinava la composizione di quegli organi e le loro attribuzioni. Era confermata anche la doppia funzione del sindaco, capo dell'amministrazione comunale e allo stesso tempo ufficiale del Governo, e la durata della sua carica. Il sindaco aveva compiti e responsabilità molto ampi. Egli convocava e presiedeva la giunta municipale, proponeva le materie da trattare nelle adunanze del Consiglio e della Giunta, eseguiva le deliberazioni di entrambi quegli organi, soprintendeva agli uffici e agli istituti comunali. In qualità di ufficiale del Governo aveva anche l'incarico di pubblicare le leggi, tenere i registri dello stato civile, vigilare sull'ordine pubblico, provvedere alla tenuta dei registri di popolazione. Il Consiglio comunale, le cui adunanze erano presiedute da un membro di volta in volta designato, deliberava i bilanci e i conti dell'amministrazione comunale e quelli delle chiese parrocchiali e delle altre amministrazioni quando ricevevano sussidi dal Comune. Al Consiglio comunale erano sottoposte "tutte le istituzioni fatte a pro della generalità degli abitanti del Comune o delle sue frazioni, alle quali non siano applicabili le regole degli istituti di carità e beneficenza, come pure gli interessi dei parrocchiani quando questi ne sostengano qualche spesa a termini di legge". Il Consiglio deliberava sugli stipendi e sui salari, sulla nomina degli impiegati e dei maestri, sugli acquisti, sui doni, su alienazioni e cessioni, sui regolamenti riguardanti il modo di usare i beni comunali, sul concorso del Comune all'esecuzione di opere pubbliche, sulle nuove e maggiori spese, su dazi e imposte e su tutti gli oggetti ad esso demandati dal sindaco o dalla giunta. Il Consiglio eleggeva al proprio interno i membri della Giunta municipale a maggioranza assoluta di voti. Numerosi erano anche i compiti della Giunta municipale. Questa fissava l'apertura delle sessioni ordinarie e straordinarie del Consiglio, definiva le locazioni e i contratti obbligatori, formava il progetto dei bilanci e le liste elettorali, proponeva i regolamenti, promuoveva le azioni possessorie, partecipava alle operazioni della leva. La legge stabiliva anche quali spese fossero obbligatorie e quali facoltative. Nello speciale capo intitolato "Dell'ingerenza governativa nell'amministrazione comunale e delle deliberazioni dei Comuni soggette ad approvazione", si faceva obbligo al sindaco di trasmettere al prefetto o al sottoprefetto entro otto giorni i verbali delle deliberazioni del Consiglio e della Giunta. Erano soggette all'approvazione della Deputazione provinciale le deliberazioni dei Comuni riguardanti l'alienazione di immobili, di titoli del debito pubblico, l'acquisto di azioni e gli impieghi di danaro quando non si riferissero all'acquisto di stabili o a mutui con ipoteche o all'acquisto di fondi pubblici dello Stato o di buoni del Tesoro, e quelle relative a locazioni e a conduzioni oltre i 12 anni. Erano soggette a quest'approvazione le deliberazioni riguardanti spese che vincolassero i bilanci oltre i 5 anni, i cambiamenti nella classificazione delle strade, i progetti per l'apertura e per la ricostruzione delle strade, previo parere del genio civile, l'istituzione di fiere e di mercati, i regolamenti d'uso e d'amministrazione dei beni del Comune, i regolamenti dei dazi e delle imposte comunali, i regolamenti d'igiene, di edilità e di polizia locale, attribuiti dalla legge ai Comuni.
Durante il primo governo di Francesco Crispi, fu emanato il Testo Unico della legge comunale e provinciale approvato con regio decreto 10 febbraio 1889, n. 5921, seguito dal relativo regolamento pubblicato con decreto del 10 giugno 1889, n. 6107. Alla nuova Giunta provinciale amministrativa, istituita in ogni provincia, presieduta dal prefetto e composta da due consiglieri di prefettura designati dal Ministero dell'Interno e da quattro membri effettivi e da due supplenti nominati dal Consiglio provinciale, erano affidati i compiti di tutela della amministrazioni comunali, prima spettanti alla Deputazione provinciale, divenuta elettiva. Cambiava la normativa in materia elettorale a seguito della riforma del 1882, che aveva allargato il suffragio ad altre categorie di cittadini. Novità erano introdotte nella procedura di nomina del sindaco, relativamente ai comuni maggiori (capoluoghi di provincia o di circondario o aventi oltre diecimila abitanti) dove era eletto dal Consiglio comunale fra i propri componenti. Questa procedura fu poi estesa nel 1896 a tutti i Comuni. Controllati da élites locali che spesso tendevano a sottrarsi alle proprie responsabilità, le amministrazioni locali costituivano il terreno su cui doveva misurarsi la capacità dei prefetti di mediare fra quegli interessi e gli scopi del governo. Inadempienze e ritardi delle amministrazioni comunali (nello svolgimento da parte dei consigli comunali delle sessioni ordinarie previste ogni anno dalla legge, nell'approvare i bilanci e i consuntivi; nel dar corso alle spese obbligatorie), specie nel Mezzogiorno, dimostravano quanto l'effettivo operare di quelle lasciasse deluse le aspettative del legislatore.
tipologia funzionale
comuni
documentazione collegata
Atti dello stato civile
fonti
S. CASSESE, "Il sistema amministrativo italiano", Bologna 1983; G. MELIS, "Storia dell'amministrazione italiana 1861-1993", Bologna 1996; R.
ROMANELLI, "Il comando impossibile. Stato e società nell'Italia liberale", Bologna 1988.