serie
Enti
codice
0000000806
intestazione autorizzata
Consolato dell'arte della lana, Napoli
contesto: Regno di Napoli; Repubblica partenopea; Regno di Napoli
date: sec. XV - 1808
date di esistenza
sec. XV - 1808
storia
Sin dall'epoca angioina si verificò, nel Regno di Napoli, il costituirsi di una forma sporadica di associazione artigiana tra i lanaioli. Già a partire dai primi decenni del Trecento, infatti, agli artigiani napoletani fu riconosciuto un certo diritto di riunione in "locis actis et debitis", e la facoltà di convocarsi venne accordata agli eletti delle singole arti "prout eis melius et aptium visum erit" per trattare liberamente degli affari e degli interessi di ciascuna arte.
Dopo l'entrata a Napoli di Alfonso il Magnanimo l'arte della lana ricevette un grande impulso, che si manifestò particolarmente attraverso la concessione di privilegi sovrani a vantaggio dei lanaioli. Fu proprio nel periodo aragonese, inoltre, che la Curia dell'arte della lana - sorta, come abbiamo visto, sotto forma di mera associazione - si trasformò in corporazione e quindi in ordine giudiziario con privilegio di foro, secondo un processo non inconsueto che, scrive Lidia Castaldo Manfredonia, "sfociava inevitabilmente nella vocazione dei corpi amministrativi ad attribuirsi tendenze giurisdizionali ritenute di più elevato prestigio per la funzione ambita del giudicare". Il primo documento che dà notizia di una condizione di favore accordata agli operatori dell'arte della lana è del 5 novembre 1463: con esso Ferrante d'Aragona concesse ai mercanti e artigiani forestieri privilegi di carattere non solo economico, ma anche giurisdizionale. Tale provvedimento, infatti, stabiliva che i lanaioli non sarebbero stati giudicati dai tribunali ordinari; le loro liti sarebbero state devolute a uomini iscritti all'arte, con funzioni giudiziarie. Non è ancora il tribunale - sottolinea la Castaldo Manfredonia - e neppure il Consolato dell'arte: è, tuttavia, l'embrione del Consolato, che diverrà tale quando le cariche saranno elettive.
La data di fondazione della vera e propria Curia o Consolato dell'arte della lana non è del tutto certa. Alcuni storici come Giannone, Grimaldi e Galanti, rifacendosi al Summonte, riportano quella del 1480. Il Capasso, tuttavia, la fa risalire al 1474, mentre il Tescione opta per il 1472. Comunque sia, un privilegio del 1480, insieme con il suddetto bando del 1463 - entrambi confermati da Alfonso II il 20 giugno 1494 - forniscono il quadro completo dell'organizzazione raggiunta dall'arte. Venne di nuovo affermata la franchigia doganale e, in generale, l'esenzione da tutte le tasse, previo controllo delle merci alla Dogana. Si vietò, inoltre, sotto pena di multe varie, la vendita non autorizzata ed effettuata privatamente dei lavori di lana. Lo stesso privilegio fa menzione dei consoli, in numero di due, definiti "capi et gubernatori" con l'attribuzione dell'amministrazione della giustizia. Il giudizio pronunciato dai consoli, tuttavia, fu solo di prima istanza. Sebbene il giudizio d'appello, in base agli statuti dell'arte, dovesse essere di competenza della Gran Corte della Vicaria per le cause penali e della Sommaria per il ramo amministrativo, in pratica la competenza per tutte le decisioni del Consolato finì per spettare al Sacro Regio Consiglio. Nel ‘500 venne addirittura riconosciuto ai consoli il diritto di carcerare i maestri inadempienti; si ordinò infatti che, su istanza degli stessi consoli, si arrestassero i maestri e i lavoranti rei di aver violato i capitoli, imprigionandoli nelle galere dell'arte.
Il Consolato svolse anche un'attività definibile, in linguaggio moderno, "previdenziale". Tra il XVI e il XVII secolo, infatti, furono eretti Monti che dovevano provvedere agli artigiani poveri e bisognosi, mentre le figlie nubili e orfane di padre erano ospitate nel Conservatorio delle Vergini, creato dall'arte stessa.
Con l'andar del tempo il Consolato dell'arte della lana ampliò il proprio organico, fino a comprendere tre consoli, un consultore, un coadiutore fiscale, un avvocato dei poveri, un mastrodatti e un attitante incaricati, tra l'altro, di stabilire le norme e le regole per la manifattura e lo smercio del prodotto, nonché di provvedere al buon mantenimento della cappella dell'arte intitolata a San Giovanni Battista. Durante il Viceregno, però, il Consolato conobbe una lenta e inesorabile decadenza, a dispetto delle riforme tentate da Carlo di Borbone e, successivamente, dal Tanucci nel corso della Reggenza. Un rescritto dell'11 maggio 1776 abolì il privilegio giurisdizionale dell'arte, lasciando in vigore solo le altre concessioni.
Il Consolato, infine, fu soppresso in virtù della legge del 20 maggio 1808 sull'organizzazione giudiziaria.
tipologia funzionale
arti, collegi, ordini professionali, associazioni di categoria
condizione giuridica
enti privati
documentazione collegata
Consolato dell'arte della lana
fonti
J. MAZZOLENI, "Le fonti documentarie e bibliografiche dal sec. X al sec. XX conservate presso l'Archivio di Stato di Napoli", I, Napoli, 1978, pp.176-177.
L. CASTALDO MANFREDONIA, "L'archivio della Curia dell'arte della lana conservato presso l'Archivio di Stato di Napoli", in ««Archivio storico per le province napoletane», XV (1976), pp. 269-281.