serie
Enti
codice
0000000808
intestazione autorizzata
Conservatorio di Santa Rosa dell'arte della lana, Napoli
contesto: Regno di Napoli; Repubblica partenopea; Regno di Napoli; Regno delle due Sicilie; Italia
date: sec. XVI - 1931
altre forme
Conservatorio di San Giovanni Battista
Conservatorio di San Giovanni Battista e di Santa Rosa
Consolato dell'arte della lana
date di esistenza
sec. XVI - 1931
luogo/hi
Napoli
storia
Sin dalla sua nascita il Consolato dell'arte della lana svolse attività assistenziale attraverso i proventi di una tassa volontaria sulla lana e sulle sue manifatture, che vennero destinati al conferimento di "maritaggi" alle giovani bisognose appartenenti all'arte. Nel 1508 Geronimo De Florio istituì suo erede il ceto dell'arte suddetta, con l'obbligo, appunto, di dotare le ragazze indigenti figlie di lanaioli e le sue stesse discendenti.
Il 18 aprile del 1594 il Consolato decise di estendere la beneficenza; acquistò, pertanto, dal marchese di Bracigliano un palazzo e una cappella posti a breve distanza dalla parrocchia di Santa Maria in Cosmedin, un tempo officiata da preti di rito greco. In quell'edificio ebbe sede il nuovo Conservatorio voluto dai membri del Consolato per accogliervi le fanciulle "povere orfane di genitori nell'arte, ed in pericolo dell'onore". La nuova opera pia fu votata a Santa Rosa, ma la chiesa annessa ricevette il nome di San Giovanni Battista; per questo motivo, talvolta, il Conservatorio è denominato, nella documentazione, "di San Giovanni Battista" oppure "di San Giovanni Battista e Santa Rosa".
Nel 1616 i consoli dell'arte formarono le capitolazioni per il buon governo dell'istituto. In queste regole si stabiliva di aprire il Conservatorio anzitutto alle figlie povere e orfane dei lanaioli, di età compresa tra i 9 e i 15 anni, che avrebbero avuto la possibilità di restare in Santa Rosa fino al loro matrimonio. L'istituto, però, venne reso accessibile anche alle ragazze figlie di uomini ricchi dell'arte, in grado di pagare da sé la retta per il proprio mantenimento, pari a 20 ducati. Le giovani che non volevano sposarsi potevano restare nell'opera vestendo abito monacale, ma con lo status di donne laiche. Alle ricoverate che avessero voluto condurre vita monastica venne altresì concesso di rimanere nel Conservatorio in qualità di oblate, con l'obbligo di educarvi e istruirvi le alunne. Tale disposizione, tuttavia, finì col far scemare di molto il numero delle ospiti dell'opera pia e, per contro, determinò un vistoso aumento delle suore ivi residenti.
Alla fine del Settecento il Conservatorio rischiò di estinguersi del tutto, sia a causa delle gravi perdite sofferte nelle entrate degli arrendamenti, sia - soprattutto - per l'abolizione della tassa destinata al sostentamento dell'istituto. I lanaioli, però, riuscirono a ottenere dal governo il ripristino di questo balzello volontario per mezzo del decreto regio 25 settembre 1822, scongiurando - così - la soppressione del pio luogo. L'inchiesta Spinelli del 1832 diede parere favorevole alla conservazione dell'istituto, insistendo perché si provvedesse all'istruzione delle poche educande rimaste; Santa Rosa, tuttavia, continuò sostanzialmente a essere un ricovero di oblate. Nel 1875 fu redatto un nuovo statuto, approvato con decreto dell'8 ottobre 1876, in forza del quale l'ente venne richiamato al primitivo scopo.
Il Conservatorio venne fuso, insieme con altri enti di pubblica beneficenza, in un unico raggruppamento, in forza della legge speciale del 2 agosto 1897 sul riordinamento delle opere assistenziali napoletane. In esecuzione di tale provvedimento, il prefetto di Napoli Casavola presentò al Ministero degli interni, nel giugno del 1898, un piano organico di riordino di dette opere, le quali - per giunta - versavano in uno stato di grave disordine amministrativo e funzionale.
A seguito delle predette proposte fu emanato il decreto regio del 18 giugno 1898, con cui, fra l'altro, gli istituti femminili di beneficenza vennero raggruppati in quattro organismi amministrativi, distinti in base alle loro finalità e alle condizioni sociali delle ricoverate. Al cosiddetto "primo gruppo" furono ascritti vari istituti, fra i quali il Conservatorio di Santa Rosa dell'arte della lana e il Conservatorio dei Santi Filippo e Giacomo dell'arte della seta. Dopo alterne vicende e successivi accorpamenti e scorpori delle opere assistenziali napoletane, tutte le istituzioni del primo gruppo entrarono a far parte di un unico ente, denominato "Collegi riuniti per le figlie del popolo", il cui statuto venne approvato con decreto regio del 9 luglio 1931.
Su tale sfondo normativo, la legge 30 gennaio 1939 n. 283 - successivamente modificata dalla legge 17 luglio 1942 n. 995 - provvide all'ennesimo sforzo di riorganizzazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza della città di Napoli, mediante la costituzione di raggruppamenti di opere aventi finalità analoghe. Contestualmente all'applicazione della legge 995 del 1942, quindi, nell'ente Real Albergo dei Poveri furono incorporati: la Casa Paterna Ravaschieri, la Fondazione Armando Diaz, l'Opera Pia Cariffi in Sant'Arcangelo all'Arena, l'Opera Pia dei Santissimi Pietro e Gennaro Extra Moenia, l'Asilo Carlo van der Heuvel, l'Opera Pia Baldacchini e Gargano e, infine, i già nominati Collegi riuniti per le figlie del popolo. Detto raggruppamento, poi, venne unito con l'Istituto Vittorio Emanuele III e l'Asilo Regina Margherita, andando a costituire i "Collegi Riuniti Principe di Napoli". Questi ultimi furono successivamente sciolti in forza dell'articolo 25, comma 5, del D.P.R. n. 616/77, avente come oggetto la "delega di cui all'art. n. 1 della legge 22 luglio 1975 n. 382", nonché in forza della successiva legge regionale di applicazione n. 65 dell'11 novembre 1980. I beni e le funzioni degli enti raggruppati all'interno dei Collegi Riuniti Principe di Napoli vennero pertanto trasferiti al Comune di Napoli.
tipologia funzionale
opere pie, istituzioni ed enti pubblici di assistenza e beneficenza
documentazione collegata
Consolato dell'arte della lana
fonti
T. FILANGIERI RAVASCHIERI FIESCHI, "Storia della carità napoletana. Conservatorii, Ritiri, Collegi, Convitti", IV, Napoli, Morano, 1879, pp. 31-36.
E. VECCHIONE - E. GENOVESE, "Le istituzioni di beneficenza nella città di Napoli", Napoli, Premiata Scuola Tipografica dei Sordomuti, 1908, pp. 83-85.