struttura gerarchica
serie
Complessi documentari (Anagrafe degli archivi)
livello di descrizione
Fondo
titolo e estremi cronologici
Arrendamentisecc. XVI - XIX
descrizione fisica
pezzi  non numerati
metri lineari  47
soggetto produttore
Regia camera della Sommaria, Napoli
Commissione liquidatrice del debito pubblico, Napoli
Commissione liquidatrice del debito pubblico, Napoli
collocazione
locale  159
ambiti e contenuto
L'origine degli arrendamenti si fa risalire all'epoca normanno-sveva, anche se la loro struttura completa si può meglio seguire nel periodo viceregnale, per i maggiori carichi fiscali e per l'applicazione che finì col riguardare ogni tipo di entrata fiscale, quando lo stato ebbe bisogno di aumentare i propri cespiti.
Il nome "arrendamento" deriva dallo spagnolo "arrendar", cioè "appaltare"; "arrendatore", per l'appunto, fu detto il privato che prendeva in affitto dallo Stato l'esazione dei dazi, ricavando dalla gestione il fitto corrisposto maggiorato di una percentuale d'aggio che serviva a coprirgli le spese e a consentirgli un certo margine di guadagno a titolo di rendita del capitale investito. Lidia Castaldo Mafredonia - autrice di un approfondito studio su tale istituzione - precisa che in generale lo stesso fitto, anziché essere concesso a un solo privato, veniva alienato a favore di un gruppo di risparmiatori secondo una certa ragione d'interesse. Tutto questo richiedeva un'organizzazione amministrativa e contabile attraverso la quale si esplicava la vita dell'azienda che nel suo insieme costituiva l'arrendamento. Dogane, gabelle, imposizioni, "ius prohibendi" e diritti derivanti da uffici e sigilli potevano essere oggetto di arrendamento.
Con la prammatica XXII del 1649 si disciplinò tutta la materia: alcuni arrendamenti furono soppressi, altri modificati, altri ancora creati ex novo. La novità fondamentale introdotta con questo provvedimento fu costituita dalla "datio in solutum", per mezzo della quale lo Stato cedette ai suoi creditori, come veri e propri titoli di rendita pubblica, le partite degli arrendamenti, riservandosi solo di ricavare da alcuni di essi un'entrata annua da destinare alla Cassa militare. Tuttavia, malgrado l'avvenuta alienazione, lo Stato continuò a mantenere un controllo preventivo e ispettivo sull'organizzazione degli arrendamenti, dati gli ovvi risvolti che il loro andamento esercitava sul fisco, sui banchi e sull'intera vita economica del paese.
Il singolo arrendamento - precisa la Castaldo Manfredonia - veniva aggiudicato a seguito di incanto. Se la gara andava deserta, lo Stato provvedeva direttamente a nominare una persona di sua fiducia per la riscossione dei diritti; in tal caso si diceva che l'arrendamento era "in demanio". L'appalto durava per un certo numero di anni, generalmente quattro, ed era amministrato da governatori, da uno a sei, eletti tra i consegnatari dell'arrendamento stesso e controllati da un delegato di nomina governativa. Alla dipendenza degli organi direttivi operava una schiera di impiegati esecutivi: per ciascun arrendamento un razionale, un computante, uno scritturale, un revisore, un avvocato e un procuratore. All'organizzazione dell'arrendamento corrispondeva poi un'analoga organizzazione alle dipendenze dell'appaltatore, cui era affidato il compito materiale dell'esazione; ogni arrendatore, perciò, aveva sotto la propria autorità, oltre al personale contabile degli uffici centrali, un certo numero di esecutori dislocati nei luoghi in cui il dazio veniva esatto.
Un primo consistente tentativo di recuperare questi cespiti allo Stato - dopo alcune deboli iniziative intraprese in tal senso nel periodo viceregnale - venne compiuto con l'istituzione della "Giunta delle ricompre", creata da Carlo di Borbone per mezzo dei rescritti del 10 febbraio e del 20 marzo 1751. Il sistema degli arrendamenti cessò, tuttavia, solo in seguito alla legge del 25 giugno 1806, che all'articolo 1 recita: "La percezione di tutti gli arrendamenti, di qualunque natura siano, e sotto qualunque amministrazione si trovino, sarà, a datare dal primo del prossimo luglio, fatta per conto del tesoro pubblico". La stessa legge, agli articoli 2 e 3, stabilì che tutti i creditori conosciuti sotto il nome di "consegnatari" e "assegnatari" di arrendamenti sarebbero stati liquidati dal pubblico erario alla fine di ogni trimestre, e che a cominciare dal primo gennaio 1796 sino a tutto dicembre 1805 sarebbe stato fatto un coacervo decennale della somma annualmente ripartita ai suddetti creditori, quale regola per l'esecuzione del pagamenti. Inoltre, entro il termine di sei mesi a partire dal luglio 1806, il credito annuo degli assegnatari e dei consegnatari sarebbe stato iscritto in un pubblico registro, il futuro "Gran libro del debito pubblico".
L'archivio degli arrendamenti presenta, oggi, due diverse numerazioni, una per la serie delle "Carte" e l'altra per quella dei "Registri". Questi ultimi provengono da una serie della Camera della Sommaria confluita nell'archivio della Commissione liquidatrice del debito pubblico; le carte, invece, comprendono tanto conti esibiti alla stessa Sommaria quanto documenti prodotti dalla vera e propria amministrazione degli arrendamenti. Nell'archivio del Ministero delle finanze, b. 2725, si trova un fascicolo intitolato "Volume delle Note esibite dagli Uffiziali dell'incamerati Arrendamenti meno quelli di Città" (anni 1809-1810), consistente in un vero e proprio inventario di consistenza delle carte che erano, a quell'epoca, ancora in mano agli impiegati degli arrendamenti. Nell'archivio del "Segretariato antico", fascicoli 2 e 8 della categoria 15, sono conservati due fascicoli riguardanti un piano elaborato e presentato da Luigi Russo, "Computante degli Arrendamenti dei sali di monte e di mare di Calabria, e dell'arrendamento della neve", per l'acquisizione nell'Archivio generale del Regno delle carte di arrendamenti detenute da computanti e scritturali.
strumento di ricerca
0320 Arrendamenti - Nuova serie - I parte
0321 Arrendamenti
note
Inventario n. 320, "Arrendamenti. Nuova serie. Prima parte", a cura di Giulia Rossi (1970-1971).
Inventario n. 321. Si tratta di un volume a stampa: L. CASTALDO MANFREDONIA, Gli arrendamenti. Fonti documentarie conservate presso l'Archivio di Stato di Napoli, I, con prefazione di L. DE ROSA, Napoli, Arte Tipografica, 1986.